Il 29/12/2017 il Consiglio dei ministri ha dato il via libera definitivo ad una delle riforme più discusse degli ultimi anni: quella delle intercettazioni.
Il governo ha cosi dato attuazione alla delega contenuta nella riforma del processo penale introdotta con la legge 103/2017.
Ovviamente il ministro della giustizia, promotore della riforma, dipinge la stessa come una profonda innovazione che eviterà qualsiasi abuso nell’utilizzo delle intercettazioni.
A differenza di quest’ultimo, gli organi rappresentativi dell’avvocatura criticano fortemente la riforma e anche l’ANM “si sforza” in parte di non condividerla.
In Italia si è cercato di modernizzare il processo penale passando da un rito inquisitorio ad un rito accusatorio (processo all’americana).
Ma come accade sempre da noi, è stata una riforma fallimentare poiché grazie alla mancata separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e magistrati inquirenti, si è consolidata una preponderanza nel processo dei pubblici ministeri.
Tale riforma delle intercettazioni consolida ulteriormente questa inaccettabile condizione, poichè con la nuova normativa, una prima scrematura tra intercettazioni utili all’inchiesta e inutili deve essere effettuata dalla polizia giudiziaria e già questo non è garanzia di riservatezza.
Il materiale, poi, cosi selezionato passa nelle mani del pubblico ministero titolare del processo, il quale fa un ulteriore selezione, rendendo fruibili e quindi pubbliche le intercettazioni che giudicherà utili all’inchiesta e accantonando le altre.
Questo significa che il pubblico ministero renderà pubbliche e fruibili solo le intercettazioni utili all’accusa, eliminando dalla scena quelle utili alla difesa.
E’ evidente che la selezione dovrebbe essere fatta quantomeno da un giudice terzo, al fine di garantire uguaglianza tra accusa e difesa.
Meglio rassegnarsi, per vedere dei miglioramenti sostanziali in campo giudiziario occorrerà aspettare che l’integrazione europea ci costringa ad adeguarci agli standard comunitari.
Avv. Giuseppe Rizzo