SUPREMAZIA O AUTONOMIA DELLA MAGISTRATUTRA?

La Storica inchiesta Tangentopoli ha portato i giudici a diventare, agli occhi dell’opinione pubblica, i paladini della legalità. Gli stessi erano stati in grado di scoperchiare un malcostume vecchio di decenni alimentato, dall’immobilismo di una classe politica connivente abituata all’impunità. Tale azione della magistratura, organo preposto all’esercizio del potere giudiziario, fù possibile grazie ad un principio cardine del nostro ordinamento giuridico,  l’indipendenza della magistratura.

Secondo l’art 104 della Costituzione Italiana “La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge.”, liberi quindi da ogni forma di controllo o condizionamento da parte di qualsiasi altro potere parallelo o interno alle istituzioni. I magistrati hanno il compito di applicare le sanzioni previste nel caso in cui la norma venga violata. E dal momento che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge.” (art. 3, Cost.), questo controllo deve attuarsi anche nei confronti di chi amministra la cosa pubblica.

La Costituzione, attraverso il CSM, assicura ai magistrati le più ampie garanzie di autonomia e indipendenza da ogni altro potere dello Stato, e nel contempo esclude ogni forma di gerarchia interna; l’art. 107 stabilisce infatti che “I magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni.”. È da questa norma costituzionale che discende il principio, unico esempio tra le costituzioni moderne, della non separazione delle carriere dei magistrati. Da tale principio consegue una posizione privilegiata del pubblico ministero, in quanto unico soggetto a cui l’ordinamento riconosce l’esercizio dell’azione penale all’interno del procedimento processuale.

Tale posizione privilegiata risulta tuttavia contemperata, nella continua ricerca di equilibrio che l’ordinamento persegue, dalla norma relativa all’onere della prova, secondo la quale è sempre onere dell’accusa produrre la prova della colpevolezza dell’imputato in quanto egli “Non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva.” (art. 27, Cost.). Tale meccanismo di bilanciamento è stato fortemente annacquato dalla magistratura stessa a mezzo di discutibili sentenze della Corte di Cassazione. Così creando una innaturale supremazia della magistratura rispetto agli altri poteri dello stato quali potere esecutivo e legislativo, tanto che addirittura Questa si arroga il diritto di criticare ed indicare al Parlamento come fare o correggere le leggi.

Giuseppe Rizzo

 

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