E’ morto Sergio Marchionne, all’estero considerato un grandissimo manager, in Italia contestato dai sindacati e dalla solita sinistra radical chic.
Per questi ultimi Marchionne era quello che “fotteva” gli operai senza fare troppa caciara, introducendo il “sospetto di assenteismo anomalo”, per sospendere il diritto di mettersi in malattia e faceva tremare i dirigenti, cancellando loro improvvisamente gli eccessivi straordinari e licenziandoli in tronco se ritenuti incompetenti o fannulloni.
I sindacati consideravano Sergio Marchionne un duro, ma solo con i deboli, in una visione classiste di natura ottocentesca, uno di quelli che non si preoccupava troppo del consenso dei suoi sottoposti di vario grado, per servire il padrone e avere una grossa ricompensa, con qualsiasi mezzo.
Questi italici personaggi omettevano volutamente la realtà dei fatti ossia che nel 2004, quando ne diventò il nuovo AD, la Fiat era di fatto fallita, lo Stesso, trattando i nuovi contratti di lavoro direttamente con gli operai delle proprie fabbriche, la rimise in piedi e contro ogni convenienza di natura economica, mantenne aperti in Italia ben cinque stabilimenti , salvando migliaia di posti di lavoro.
Nel 2009 anche la Chrysler era fallita, Marchionne convinse Barack Obama ad affidargli le spoglie della più piccola delle Big Three, presentandogli l’ ipotesi che le tecnologie pulite e a basso consumo dei motori italiani potessero essere coerenti con la sua politica industriale e ambientale.
Dalla unione di Fiat e di Chrysler, due aziende fallite, nasceva un nuovo soggetto la FCA. Un corpo unico ed articolato, in cui il solo marchio Jeep, divenuto globale, sviluppa oggi ricavi per 111 miliardi di Euro.
Infine lo stesso manager dal 2015, sviluppando la propria teoria della fusione tra produttori, inizia a perseguire la fusione tra FCA e General Motor, che non riuscirà a realizzare, poiché troverà il parere contrario di Wall Street, dell’ establishment di Detroit e di Washinton.
In Italia Marchionne viene molto apprezzato dalla gente, colpita dalla passione con cui passa le ore nelle fabbriche italiane, semiabbandonate e mal tenute. Non alla stessa maniera è apprezzato dagli operai delle stesse, sobillati dai soliti sindacati e dall’anchilosata cultura di sinistra, legata a prebende e piccoli interessi personali non collegabili al modo di agire di questo manager fuori dalle regole.
Cosa ben diversa si verifica in America e nelle fabbriche della Chrysler, dove il manager Italo-canadese viene apprezzato per il gran lavoro svolto, incondizionatamente e trasversalmente dalle varie anime del paese, dagli American Boys repubblicani del Michigan e dell’Ohayo e dai democratici di Chicago ,dagli intellettuali delle università di Boston e San Francisco ma anche dalle èlite come Trump.
Il motivo di tanto rancore riscosso in Italia è dovuto alla necessaria guerra, da lui posta in essere ai corpi intermedi quali i sindacati e Confindustria ritenuti giustamente inutili e dannosi all’economia e ad una corretta gestione aziendale.
Giuseppe Rizzo